Qual è la procedura per il pignoramento presso terzi di un conto corrente estero, quindi situato in Unione Europea o fuori dall’UE?
Il Codice civile italiano stabilisce la responsabilità del debitore, con tutti i suoi beni presenti e futuri, per le obbligazioni da egli contratte. Ciò significa che anche i beni all’estero fanno parte dei beni sottoposti alla garanzia dei creditori, vi sono però problemi di carattere pratico.
Due ostacoli di carattere pratico
Il primo problema riguarda la conoscibilità circa l’esistenza del conto, in quanto, a differenza dei conti correnti italiani, che si possono consultare presso il Registro dei Rapporti Finanziari, non esiste un documento pubblico che contenga tale informazione. Questo comporta che il creditore debba venire a conoscenza del conto estero del debitore per altre vie. Solitamente, si fa riferimento all’utilizzo per scambi commerciali del conto estero da parte del creditore, oppure si fa riferimento ad un’agenzia di investigazione. Il secondo ostacolo riguarda la procedura, una procedura complessa e piuttosto costosa.
Come si pignora il conto corrente estero?
Relativamente al pignoramento presso terzi di conti correnti esteri, la questione si presenta assai più complessa rispetto ai conti correnti nazionali. In primo luogo, bisogna distinguere se si fa riferimento ad uno conto corrente in uno Stato extra-UE, o ad un pignoramento presso terzi in un Paese dell’Unione Europea.
Se si tratta di Paesi non aderenti all’Unione europea, l’esecutività delle sentenze italiane è disciplinata o da convenzioni multilaterali, o bilaterali, o dalla normativa interna statale, i quali potrebbero non prevedere il riconoscimento dei provvedimenti emessi dai nostri tribunali.
Al contrario, nel caso in cui si tratti di conti correnti situati in uno Stato dell’UE, il creditore deve ottenere preliminarmente il riconoscimento del titolo esecutivo nel Paese in cui intende procedere. In altre parole, il creditore deve rendere esecutivo il provvedimento del giudica in base al quale intende procedere, e successivamente verranno applicate le norme nazionali a seconda del Paese di destinazione.
Più esattamente, in base al regolamento 1215/2012, le decisioni in materia civile e commerciale emesse dai giudici italiani e già esecutive, sono considerate tali anche in un altro Stato membro.
In conclusione, si può quindi affermare che il creditore, munito di copia autentica della decisione tradotta e dell’attestato dell’autorità giudiziaria italiana, che certifica l’esecutività del documento, può iniziare il procedimento di espropriazione forzata presso terzi, secondo quanto previsto dalla normativa locale.