La cessione volontaria del quinto consiste in una particolare forma di prestito personale, una particolare forma di finanziamento che prevede la restituzione del capitale richiesto con una trattenuta sullo stipendio o sulla pensione.
L’interessato accede a un finanziamento, che si impegna a restituire attraverso l’addebito diretto, in favore del creditore, della rata sulla busta paga o pensione.
L’espressione cessione del quinto di stipendio deriva dal fatto che l’importo massimo della rata di rimborso del prestito non può superare il valore di 1/5 (cioè il 20%) dello stipendio mensile netto continuativo, inoltre la durata massima consentita è di 120 mesi e la minima abitualmente non è inferiore ai 24 mesi.
Il termine massimo della durata non può eccedere comunque il termine del rapporto di lavoro e il pensionamento, tranne che per i dipendenti pubblici, i quali possono decidere se estinguere il debito o traslarlo sulla pensione.
Tale decurtazione del quinto, quindi, nasce da un atto di volontà del debitore.
PIGNORAMENTO DEL QUINTO
Diverso è il pignoramento, che segue invece a una procedura prevista dalla legge che si chiama esecuzione forzata (o anche pignoramento presso terzi). Lo stipendio non può essere integralmente pignorato ma, secondo la regola generale, può essere utile per poter soddisfare le pretese del creditore fino a un massimo del quinto.
Per quanto concerne il pignoramento dello stipendio in azienda, la regola generale prevede che il pignoramento non possa essere superiore al 20% dello stipendio (ovvero a un suo quinto). L’importo dovrà essere calcolato tenendo in considerazione la retribuzione netta in busta paga, ovvero quella al netto delle ritenute previdenziali e fiscali.
Tuttavia, se sullo stesso stipendio sono a valere più atti di pignoramento, da parte di diversi soggetti creditori, varrà la regola dell’accordo. In altri termini, i creditori che sono successivi al primo creditore procedente, dovranno attendere che il primo sia soddisfatto per poter essere destinatari dei pagamenti del quinto.
Se però i debiti sorgono da cause diverse, e il pignoramento è contemporaneo, si può alzare il limite di pignorabilità fino a un mezzo: i casi sono però piuttosto limitati, visto e considerato che devono sussistere contemporanee cause per imposte, alimenti, debiti commerciali, e così via.
Possono coesistere?
Che succede se, prima del pignoramento dell’ufficiale giudiziario, il debitore aveva acconsentito alla cessione volontaria del quinto dello stipendio? E che succede, invece, nell’ipotesi contraria?
1° CASO: Pignoramento a cui segue la cessione volontaria
Se è già presente un pignoramento del quinto sullo stipendio o pensione, l’interessato può procedere a chiedere la cessione volontaria, fermo restando il limite del quinto. Tuttavia la cessione non può eccedere la differenza tra 2/5 della retribuzione (al netto delle trattenute) e la quota colpita da pignoramento.
Esempio: se lo stipendio è pari a 100 ed è intervenuto un pignoramento pari a 20 (1/5), la quota di retribuzione cedibile è pari alla differenza tra 40 (2/5 di 100) e la quota pignorata (20), ossia sarà pari a 20.
2° CASO: Cessione volontaria a cui segue il pignoramento
Qualora un lavoratore abbia effettuato una cessione dello stipendio, i successivi pignoramenti sono consentiti solo per la differenza tra la metà dello stipendio e la quota già ceduta dal lavoratore.
Per esempio: se lo stipendio è pari a 100 e vi è stata una cessione pari a 20 (1/5), il pignoramento potrà essere eseguito non oltre la differenza tra la metà dello stipendio (50) e la quota ceduta (20), ossia non oltre 30, ma sempre fermi i limiti della norma e pertanto si potrà arrivare a 30 solo nel caso di crediti alimentari ovvero nel caso di concorso tra crediti alimentari e crediti di altra natura.